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Walter Veltroni a Palermo

Sabato 2 Febbraio tutti a Palermo per la manifestazione con il segretario nazionale del Pd Walter Veltroni. Saranno presenti anche,Giuliano Amato e i presidenti dei gruppi di Camera e Senato, Antonello Soro e Anna Finocchiaro.Da domani comunicheremo a tutti i dettagli logistici per il trasferimento da Catania a Palermo. Prevediamo la possibilità di fare partire un autobus d ogni zona della provincia.

PRIMARIE USA: OBAMA CONQUISTA IL SOUTH CAROLINA


Con la sonora vittoria in Carolina del sud, il primo degli Stati meridionali dell'Unione ad andare alle urne nella lunga maratona che porterà all'elezione del presidente, il senatore dell'Illinois Barack Obama trova il passo giusto per affrontare il prossimo, importantissimo, test elettorale: il Super martedì del 5 febbraio, quando si voterà in oltre 20 Stati. Barack Obama, infatti, stravince in South Carolina conquistando il 55 per cento delle preferenze. Solo un modesto 27% per l’ex-first lady. Terzo, con il 18% dei voti John Edwards.

A sostenere la corsa di Obama, in particolare gli elettori afroamericani, che rappresentano più della metà dell'elettorato democratico dello Stato. Ben l'81% della comunità afroamericana ha votato per lui premiando il suo programma e la sua personalità. Solo il 17% per l'ex first lady. Un risultato schiacciante che però non potrà essere così determinante in occasione del prossimo 5 febbraio.

Un dato che però non sembra scoraggiare il senatore dell’Illinois. «Non è una questione di bianchi contro neri – ha infatti rivelato dopo la sua vittoria - , ma di passato contro futuro. Quello che vogliamo – ha spiegato - è più che un semplice avvicendamento tra partiti a Washington, quello che serve è un cambiamento dello status quo. Siamo pronti ad avere di nuovo fiducia, a modificare le disastrose strategie dell'attuale amministrazione».

«Formiamo – ha poi insistito - la coalizione di americani più diversificata che ci sia mai stata – ha infatti . Siamo giovani e vecchi, poveri e ricchi. Neri e bianchi. Latini, asiatici e indiani. Il futuro ha vinto sul passato».

Un messaggio che la Carolina del sud sembra condividere. Secondo i dati non ancora definitivi circa 520.000 elettori democratici ieri si sarebbero recati alle urne (molti di più dei 290.000 di quattro anni fa). In modo deciso si sono espressi anche gli elettori afroamericani: quattro su cinque hanno votato per il senatore dell'Illinois. Per Obama ha inoltre votato il 66 per cento delle persone tra i 18 e i 24 anni, il 70 per cento di quelli tra i 25 e i 29 anni e il 62 per cento di quelli tra i 30 e i 39 anni. Clinton ha invece avuto il voto soprattutto degli elettori con più di 65 anni, favorevoli alla senatrice nel 40 per cento dei casi.

All'uscita dei seggi, il 68 per cento degli intervistati ha detto di avere giudicato eccessive le invettive di Clinton contro Obama, mentre sei elettori su dieci hanno affermato che il ruolo dell'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, che ha rincarato la dose contro il senatore dell'Illinois, è stato decisivo nella scelta del voto a favore di Obama.

Deluso, anche, l'ex senatore della Carolina del nord John Edwards, che puntava su questo Stato per rilanciare la propria campagna elettorale, ma che non è riuscito ad andare oltre l'ennesimo terzo posto.

Ma a premiare l’impegno e la personalità di Obama, non sono solo gli elettori. Il senatore dell'Illinois ha ottenuto in questi giorni anche l'importante sostegno di Caroline Kennedy. In un editoriale che sarà pubblicato sull'edizione domenicale del New York Times, la figlia dell'ex presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy e di Jacqueline Kennedy Onassis ha scritto di non avere «mai visto un presidente che mi ispirasse come la gente dice abbia fatto mio padre. Per la prima volta, credo di avere trovato un uomo che possa essere presidente non solo per me ma per una nuova generazione di americani».

Un sostegno al quale si unisce quello dello zio Ted Kennedy, fratello dello stesso ex presidente ed il cui appoggio era stato ambito da tutti i candidati democratici anche per le sue abilità nel raccogliere fondi.

Lo scorso ottobre, Ted Kennedy aveva parlato della oggettiva difficoltà nel fare una scelta. «Sarà una scelta difficile - aveva ammesso - . Ho molti amici che vogliono diventare presidenti». Oggi, il senatore ha finalmente deciso di dare ufficialmente il suo appoggio ad Obama: «Obama è un vero leader - ha detto - , che ha la capacità di ispirare coloro che ancora credono nel sogno americano. Sento aria di cambiamento nell'aria».

Hillary. da par suo, potrà invece contare sul sostegno di un’altra Kennedy, la senatrice Kathleen Kennedy Townsend, una degli undici figli dello scomparso Robert 'Bob' Kennedy, un altro dei 'monumenti' della famiglia politicamente più importante e influente d'America.

Non passa all'Ars la mozione di sfiducia contro Cuffaro. Genovese: “Continuiamo la nostra battaglia per le dimissioni di Cuffaro”

Con 53 voti contrari, 32 favorevoli ed 1 astenuto l’Ars ha bocciato, oggi pomeriggio, la mozione di sfiducia presentata dal Centrosinistra nei confronti del governatore Cuffaro.
Approvato anche un ordine del giorno contro la possibilità della sospensione del presidente da parte del Consiglio dei Ministri.
“Prendiamo atto della grave assunzione di responsabilità della maggioranza dell’Ars che ha deciso di mantenere in carica un governatore condannato per un reato che, tra l’altro, prevedrebbe la decadenza dalla carica di un qualunque deputato regionale eletto dal popolo”.

Lo ha affermato il Segretario regionale del Partito democratico, Francantonio Genovese. “Abbiamo, evidentemente, sopravvalutato il senso etico, il rispetto della legalità e delle istituzioni di molti membri del Parlamento siciliano. Non possiamo non rilevare la stridente contraddizione tra le posizioni assunte da alcuni deputati con i commenti fatti pubblicamente dopo la sentenza ed il voto espresso in aula. A sentire alcune dichiarazioni di voto tornano in mente le parole di Catone il Censore, il quale affermava: ‘Fate quello che dico, non fate quello che faccio’. Rimaniamo convinti che l’odierna decisione dell’Ars non sia in sintonia con il sentimento popolare e continuiamo la nostra battaglia per le dimissioni di Cuffaro, sicuri di interpretare la volontà dei siciliani, di Centrosinistra e di Centrodestra. Si è persa un’ottima occasione per restituire all’Ars quell’autorevolezza che, da diversi anni, si è indebolita e che, da oggi, sembra irrimediabilmente perduta”.
"Questa mozione è solo l'inizio di una campagna senza tregua fino a quando non si dimetterà – ha dichiarato in aula il capogruppo de Pd all’Ars, Antonello Cracolici – perché Cuffaro è ormai l'avversario non dell'opposizione, ma della Sicilia. Ora è il momento di dire basta. La foto con i cannoli ha rappresentato il danno più emblematico all'immagine della Sicilia diffondendo il disgusto a tutti i livelli. Auguro a Cuffaro di dimostrare la sua innocenza, ma ci liberi da questa umiliazione che pesa su tutti i siciliani”.

CRACOLICI, CUFFARO CI LIBERI DA QUESTA UMILIAZIONE

Palermo, 24 gen. (Apcom) - La mozione del centrosinistra è solo l'inizio della campagna senza tregua fino a quando Salvatore Cuffaro non si dimetterà. Questo in sintesi il discorso di Antonello Cracolici, capogruppo del Partito Democratico all'Ars, illustrando al parlamento siciliano la mozione di sfiducia al presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, presentata da tutti i deputati del centrosinistra dopo la sentenza di condanna a 5 anni per favoreggiamento.

"Ho sperato - afferma Cracolici - che lei potesse dimostrare la sua estraneità da tutti i reati che le sono stati contestati. Sapevo che la sentenza avrebbe significato un cambiamento, qualunque fosse. Alla fine è venuta fuori una sentenza di condanna grave e severa che oggi più di prima impone che lei liberi la Sicilia dal condizionamento determinato dal suo processo".

Il capogruppo del Pd, quindi, sottolinea che "lei ha mentito sulla gravità della sua condanna. La sobrietà con cui ha gestito la sua vicenda processuale, è stata sovrastata dall'ubriacatura manifestata dopo la sentenza che l'ha fatta anche criticare il procuratore antimafia che ha accusato di non avere letto gli atti. Ora è il momento di dire basta. La foto con i cannoli - conclude Cracolici- hanno rappresentato il danno più emblematico all'immagine della Sicilia diffondendo il disgusto a tutti i livelli. Le auguro di dimostrare la sua innocenza, ma ci liberi da questa umiliazione che pesa su tutti i siciliani".

ARS, PD SFIDUCIA CUFFARO

Il Partito democratico ha presentato la mozione firmata da tutti i deputati del centrosinistra. Il segretario Genovese: "Con questo atto comincia la nostra campagna per arrivare alle dimissioni del presidente". Il Governatore: "Possono contare solo su 33 dei 46 voti necessari". Giovedì il dibattito in aula

PALERMO - Il gruppo parlamentare del Partito Democratico all'Ars ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del presidente della Regione Salvatore Cuffaro. La decisione è stata presa stamane nel corso di una riunione di gruppo cui hanno partecipato il segretario regionale Francantonio Genovese e il vicesegretario Tonino Russo.

La mozione di sfiducia nei confronti del presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, che è stata depositata oggi pomeriggio, è stata firmata dai partiti del centrosinistra all'Assemblea regionale. Conteporaneamente è stato anche presentato dalle opposizioni un ddl che autorizza l'esercizio provvisorio al bilancio per sbloccare i pagamenti, gli stipendi dei dipendenti e le pensioni. "Non sono più rinviabili decisioni forti, - afferma la mozione - dopo la sentenza di condanna nei confronti del Presidente della Regione, a salvaguardia della credibilità delle istituzioni".

"Con questo atto comincia la nostra campagna per arrivare alle dimissioni del presidente Cuffaro e per dare in aula la possibilità ai 'malpancisti' della maggioranza di essere coerenti con le loro dichiarazioni critiche nei confronti del governatore". Afferma il segretario regionale del Pd, Francantonio Genovese. All'Ars i deputati del centrosinistra sono 33. Per essere approvata la mozione, proposta dal Pd e firmata da tutti i parlamentari del centro sinistra ha bisogno di avere altri 13 voti.

"La paralisi che ha contraddistinto l'attività politica all'Ars in questi ultimi 18 mesi - afferma il capogruppo del Pd, Antonello Cracolici - rischia di proseguore ancora a lungo. Per questo abbiamo aperto promuovendo una serie di iniziative una campagna per arrivare alle dimissioni del governatore".

"Le dichiarazioni del Presidente della Regione e i suoi comportamenti successivi alla sentenza, - è scritto nella mozione - tesi a mitigarne gli effetti confondendo l'opinione pubblica sulla gravità dei reati per i quali è stato ritenuto colpevole, hanno accentuato un diffuso sconcerto che rischia di minare la credibilità del sistema politico e istituzionale, alimentando una reazione negativa nella società siciliana e nell'opinione pubblica nazionale al di là delle appartenenze politiche e di schieramento".

"Tutto ciò rischia di ledere irrimediabilmente - prosegue la mozione - l'immagine della Sicilia anche fuori dai confini nazionali: la scelta di mantenere la carica di Presidente in presenza di una condanna per reati connessi alla mafia, in un momento nel quale settori importanti della società siciliana, a partire dagli industriali e dagli imprenditori, si stanno ribellando alla mafia e ai mafiosi, appare un terribile messaggio diseducativo".

Si svolgerà giovedì, con inizio in mattinata, il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata dal centrosinistra. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo. La seduta d'aula è stata invece rinviata a domani per la discussione generale sul bilancio e la finanziaria, il cui articolato dovrebbe essere esaminato a partire da venerdì.

PRODI ALLA CAMERA CHIEDE IL VOTO DI FIDUCIA SUL GOVERNO


«Né dalle agenzie di stampa, né dai dibattiti televisivi possono dipendere le sorti di un governo. E’ nel Parlamento che il governo trae la sua legittimità ed è nel Parlamento che deve verificare l’esistenza della fiducia». Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha preso parola poco dopo le 11,30 alla Camera dei deputati, per riferire della situazione politica venutasi a creare dopo che ieri l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella ha annunciato a mezzo stampa - prima convocando i giornalisti, poi prendendo parte ad una trasmissione televisiva – l’uscita del suo partito, l’Udeur, dall’Unione di centrosinistra.

«Siete voi parlamentari – ha detto Prodi rivolgendosi alla platea dei deputati – che dovete assumervi limpidamente e pubblicamente la responsabilità per cui siete stati eletti». Non usa mezze parole il premier, che non omette di sottolineare come l’ex ministro Mastella, colpito da una vicenda giudiziaria a livello personale, abbia in questo senso ricevuto la solidarietà e l’appoggio «del governo e di tutti i partiti della maggioranza». Prodi ricorda dunque alla Camera che la sua presenza oggi in Aula era stata programmata proprio per esporre la relazione sulla politica giudiziaria del governo, dato che da pochi giorni ha assunto l’interim della Giustizia.

E ne approfitta per scongiurare uno scontro che in molti non hanno esitato ad evocare, quello tra mondo politico e magistratura. «Stiano ciascuno nel suo ambito – scandisce il premier – i politici non devono ambire alla irresponsabilità e che il loro ruolo ha netta e precisa primazia» nel rispetto della legge. Quanto alla magistratura, «nell'esercizio sue funzioni ogni magistrato è sempre soggetto alla maestà della legge. Senza differenziazioni, in coerenza con il dettato dell'articolo 3 della Costituzione. Né la magistratura – aggiunge Prodi – deve cercare il consenso sulle sue decisioni che sono vincolate alla legge. Il controllo di legalità è contrappeso alla libertà di cui gode l'autorità politica. L'autorità e indipendenza dell'ordine giudiziario hanno come presupposto necessario la professionalità, l'imparzialità, la neutralità politica, il responsabile e rigoroso rispetto della legge».

La crisi di governo, che rischia di aprirsi dopo l’uscita dell’Udeur dalla coalizione, induce quindi Prodi a concentrare l’attenzione della sua relazione alla Camera sull’azione di governo, proprio in un momento in cui l’esecutivo sta affrontando con raro senso di responsabilità alcune delle emergenze più impellenti che da anni attanagliano il Paese. «Questo governo – spiega – è nato sulla base di un patto di legislatura, basato su un programma condiviso per durare cinque anni e che ha saputo rimettere in piedi il Paese. E’ un governo che ha portato frutti al paese e sono convinto che ne saprà dare anche in futuro». Un governo, è la convinzione espressa dal premier nel suo intervento alla Camera, che «ha permesso al paese di uscire da molte emergenze» da quelle economiche alla politica estera.

Un governo, insomma, la cui attività sta dando i suoi frutti – ne abbiamo avuta la riprova con la recente intesa sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici – e che potrebbe continuare nella sua azione: «Le priorità del Paese – sottolinea il presidente del Consiglio – sono riforme, efficienza e equità e per questo ci vuole continuità, soprattutto di fronte alle difficoltà dell'economia mondiale di cui non riusciamo ancora a vedere gli esiti ultimi». Una strenua difesa dell’attività dell’esecutivo, dunque.

«Questa – conclude – è la sintesi del lavoro del governo che presento con orgoglio al Parlamento». Dopodiché arriva la richiesta della fiducia. «Alla Costituzione mi richiamo dunque per chiedere a voi, onorevoli deputati, e, in seguito ai vostri colleghi senatori, di esprimere con un voto di fiducia il vostro giudizio sulle dichiarazioni che avete ascoltato». Dai banchi della maggioranza i deputati, in piedi, tributano un lungo applauso al premier. Un indecente, quanto ormai tristemente consueta gazzarra contraddistingue la reazione da parte dell’opposizione.

Positivo il commento sul discorso del premier da parte del vicesegretario del Partito democratico Dario Franceschini: «Prodi – dice il deputato democratico – ha fatto un discorso molto forte, chiaro, rivolto al Paese perché l'Italia deve cambiare e non si può pensare che passaggi così delicati si gestiscano attraverso agenzie di stampa e tv. In un sistema parlamentare – sostiene il numero due del Pd – tutto deve svolgersi in modo trasparente e alla luce del sole e tutti devono assumersi le proprie responsabilità facendo capire chi vuole mantenere l'impegno assunto con gli italiani e chi invece non vuole mantenerlo».

CONTRATTO METALMECCANICI: ACCORDO RAGGIUNTO, DECISIVA LA MEDIAZIONE DEL GOVERNO

indacati e Federmeccanica hanno raggiunto l’accordo per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, scaduto lo scordo 30 giugno. Decisiva è stata la mediazione del governo, in particolare del ministro del Lavoro Cesare Damiano, che è riuscito a fare gradualmente avvicinare le parti che fino a pochi giorni fa sembravano ancora irrimediabilmente distanti.

Al milione e mezzo di tute blu presenti nel mondo lavorativo italiano saranno riconosciuti 127 euro lordi di aumento salariale per i prossimi 30 mesi, 260 euro per chi non fa contrattazione di secondo livello, 300 euro di una tantum per coprire il ritardo del rinnovo contrattuale e, per la prima volta, la parità normativa fra operai e impiegati.

Evidente e giustificata la soddisfazione espressa dal ministro del Lavoro. «Si tratta – ha affermato poco dopo l’annuncio della buona riuscita della trattativa – di un accordo di grande rilevanza per i lavoratori, per il miglioramento delle loro tutele e per le retribuzioni, fortemente sentito in questo periodo. Ma è un risultato importante anche per le imprese e per il Paese, che ha bisogno di stabilizzazione e certezze». Allo stesso modo, il premier Romano Prodi ha sottolineato come «l’intesa debba essere la premessa per migliorare produttività e efficienza di tutto il sistema e dare maggiore potere d'acquisto ai lavoratori» e consente di «guardare il futuro con una prospettiva più favorevole».

L'accordo ha scongiurato il rischio che Federmeccanica annunciasse da domani aumenti salariali unilaterali. «Dopo un confronto molto duro è stato raggiunto un buon accordo» ha detto il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani secondo cui sul risultato «hanno pesato le lotte dei lavoratori e la determinazione unitaria dei sindacati». Bene l’accordo, anche per i leader della Cisl, Raffaele Bonanni e della Uil, Luigi Angeletti che chiedono anche la riforma del modello contrattuale. I leader sindacali ritengono che ora la priorità sia quella di «ridurre le tasse sugli aumenti contrattuali a tutti i lavoratori». Il numero uno dell'Ugl Renata Polverini, complimentosi con il ministro Damiano per il suo lavoro di mediazione, auspica che «ora si possa accelerare la chiusura degli altri contratti e affrontare l'emergenza salari».

Soddisfazione anche da Federmeccanica che ora si augura un percorso verso la defiscalizzazione degli straordinari e della contrattazione di secondo livello. «E' stato un contratto difficile – ha detto il presidente Massimo Calearo – ma lo abbiamo chiuso nell'interesse del Paese e dei lavoratori. C'è ancora molto da fare perché le imprese hanno bisogno di competitività e vivono un momento molto difficile con una concorrenza spietata».

L’intesa raggiunta tra le parti per il rinnovo del contratto è «un fatto di grande rilevanza, non solo per la più grande categoria industriale, ma per l'intero Paese», secondo il segretario del Partito democratico Walter Veltroni, che ha espresso «grande soddisfazione per l'accordo giunto dopo nove lunghi mesi, grazie al grande senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali e di quelle imprenditoriali». Un grande apprezzamento va in particolare «al caparbio lavoro di mediazione compiuto dal ministro Damiano. L'accordo dei metalmeccanici – ha concluso Veltroni – è un segnale positivo che va raccolto anche dalle altre categorie impegnate nei rinnovi, e indica la possibilità di un impegno comune al mondo del lavoro e dell'impresa per dare forza alla ripresa dell'economia italiana».

Anche il responsabile Economia del Pd Giorgio Tonini sottolinea l’importanza del ruolo giocato dal ministro del Lavoro: «Grazie alla mediazione di Damiano e al senso di responsabilità delle parti i metalmeccanici hanno finalmente il nuovo contratto. E' una buona notizia per i lavoratori e per il Paese, tanto più positiva in una fase che torna a farsi difficile per l'economia italiana e internazionale. Ora è necessario e urgente che il Governo convochi le parti sociali per avviare il confronto sulla questione salariale, definendo gli sgravi fiscali a favore delle fasce più basse del lavoro dipendente, e sulla riforma della contrattazione, in modo da rilanciare la contrattazione di secondo livello, che può giocare un ruolo decisivo per la crescita della produttività e per una sua più equa distribuzione».

CUFFARO, VELTRONI: SICILIA MERITA GOVERNO IN CUI RICONOSCERSI


- Roma, 20 gen - “Io sono sempre stato un garantista e ritengo che un cittadino sia innocente fino al giudizio definitivo e non ho mai inteso usare nella politica le vicende giudiziarie. Allo stesso modo non ho mai creduto che un avviso di garanzia o la richiesta di un rinvio a giudizio da solo rendesse necessarie le dimissioni di chi ricopre incarichi pubblici. Ma qui, nel caso di Cuffaro, siamo di fronte ad una condanna a cinque anni per la pesante responsabilità di aver aiutato dei boss mafiosi. Lo ha detto il segretario del Pd Walter Veltroni commentando la condanna del presidente della Regione Sicilia e le sue conseguenze. “Questa terra, che è stata la terra di Falcone, Borsellino, Cassarà e tantissimi altri, che troppo ha pagato e che invece chiede di poter crescere e di cambiare – sottolinea Veltroni - ha diritto ad avere un governo della regione del quale si possa riconoscere. D’altra parte vedo che queste stesse cose le pensano anche molti esponenti del centrodestra. Per questo - conclude il leader del Pd - faccio appello al senso di responsabilità e delle istituzioni del presidente della Region

Caltagirone:Anniversario Appello "Liberi e Forti"


Venerdì 18 a Caltagirone il partito Democratico organizza in occasione dell'anniversario dell'appello "Liberi e forti" di Don Luigi Sturzo. La manifestazione si svolgerà dalle ore 17.30 presso il Grad Hotel Villa San Mauro.Parteciperanno alla manifestazione Pierluigi Castagnetti e Anna Finocchiaro.
La figura del prete-sindaco di Caltagirone, troppe volte strumentalizzata, rappresnta ancora oggi, non solo un patrimonio comune per tutta la nazione, ma uno dei più importanti contributi che il cattolicesimo democratico ha dato all'Italia.Il grande contributo all'idea delle autonomie locali, sul rapporto tra stato ed economia, sul ruolo dei cattolici in politica.Il partito democratico della provincia di Catania insieme al costituendo pd di Caltagirone vuole non solo ricordare una grande figura di questo paese, ma a partire dal suo pensiero politico constatarne l'attualità e la modernità.

VELTRONI: LA POLITICA SI IMMERGA NELLA VITA REALE DEI CITTADINI


Intervista di Aldo Cazzullo – Il Corriere della Sera

ROMA — Sindaco Veltroni, comincia una settimana decisiva per la legge elettorale, e cruciale per la politica economica del governo e la costruzione del Pd.

«E io mai come oggi avverto il bisogno che la politica si immerga nella vita reale dei cittadini. Ho la sensazione devastante di una separazione netta tra la vita delle persone, tra ciò che le angoscia, le spaventa, ne determina l'umore, e ciò di cui parla la politica. La politica pare un acquario, in cui alcuni pesci nuotano, altri si sbranano, ma tutti sono separati sia dalla sofferenza sia dal talento di chi sta fuori. Sarà per il lavoro che faccio, sarà perché parlo con le persone e non guardo la società dai numeri dei sondaggi, fatto sta che ne sono sempre più convinto: la politica è la risposta ai bisogni dei cittadino, è l'elaborazione di un sistema di valori, di una visione del mondo che argini lo spirito del tempo, il nuovo egoismo sociale che si diffonde come un virus. L'idea per cui ognuno è una monade, un piccolo mondo isolato dagli altri. L'idea per cui, se Napoli ha bisogno di un sostegno nell'emergenza, le stesse amministrazioni di centrodestra del Nord che in passato chiesero e ottennero aiuto voltano le spalle. Io preferisco lo spirito dei ragazzi che nel '66 si precipitarono a Firenze. Preferisco l'Italia che nelle grandi tragedie nazionali si mostra solidale».

L'emergenza rifiuti non è una calamità naturale.
«Ma anche in altre tragedie, come il terremoto dell'Irpinia, emersero responsabilità politiche; e la reazione fu certo di denuncia ma anche di solidarietà ».

Lei ha difeso Bassolino, ma ha poi aggiunto che le dimissioni sarebbero inopportune nell'ora dell'emergenza. Questo significa che dopo il presidente della Campania dovrebbe dimettersi?
«Quanto accade non è solo responsabilità di Bassolino e della Iervolino. Se Bassolino si dimettesse ora, commetterebbe un gravissimo errore. Infatti, con senso di responsabilità, resta al suo posto. Conoscendolo, posso immaginare il suo travaglio di queste ore. Quando l'emergenza sarà risolta, insieme affronteremo una discussione serena. Io sono fatto così: quando vedo che tutti danno addosso a qualcuno, lo difendo. A Napoli ho visto manichini appesi dalla destra del presidente della Regione e del sindaco impiccati: scene che evocano i tempi della Repubblica di Salò. Il rischio è che il Paese si sfarini. Che si affermino idee come quella emersa in un municipio romano, sorprendente tanto più perché viene dall'estrema sinistra, di separare sui bus i bambini rom dai bambini non rom. Contro questo arroccamento individualista occorre un nuovo alfabeto della politica. Al quale si è ispirato il documento dei valori che ieri la commissione, dopo una bella discussione, ha sostanzialmente varato smentendo tutte le profezie di incompatibilità tra le culture e le identità del Pd. Il Partito democratico si è già dato alcuni grandi obiettivi. Dimostrare che esiste un ambientalismo del fare: dire sì alle ferrovie, sì ai pannelli ferroviari anziché al petrolio, sì ai termovalorizzatori anziché alle discariche. A febbraio in Sicilia parteciperò con Amato alla manifestazione a fianco degli imprenditori che si sono ribellati al pizzo. E a marzo ci sarà la prima conferenza operaia del Pd, nel ricordo della tragedia della Thyssen e con la convinzione che i lavoratori non vadano lasciati soli oltre i cancelli delle fabbriche».

Veltroni, al governo c'è il centrosinistra. Cosa farete di concreto?
«Il governo Prodi, come si vedrà meglio quando la storia consentirà una lettura più serena, ha conseguito risultati straordinari. Ha ricevuto dalla destra un'eredità storica devastante, eppure ha già ridotto il deficit all'1,3%, il dato previsto per il 2010. E ha condotto una politica di redistribuzione, attraverso il cuneo fiscale, l'aumento delle pensioni minime, il pacchetto sul welfare».

Le pare sufficiente?
«Il rischio di una recessione americana, i suoi effetti in Europa, il boom del petrolio, la diminuzione dei consumi impongono uno sforzo ulteriore, nuove misure a sostegno dello sviluppo, e anche una svolta culturale per la sinistra. È tempo di uscire dalla contrapposizione tra impresa e lavoro. Dobbiamo ripensare chi è l'imprenditore».

Appunto: chi è l'imprenditore?
«È un lavoratore. Che rischia, che ci mette del suo, che magari non dorme la notte perché ha un mutuo in banca e non sa se potrà pagarlo. In questi giorni, visitando le fabbriche italiane, ho visto storie esemplari. La Carpigiani: due fratelli che nel dopoguerra si sono inventati macchine, esportate in tutto il mondo, da cento milioni di gelati al giorno. La VidiVici, una azienda di famiglia con due giovani ragazzi, che ha avuto l'idea degli occhiali ripiegabili in un astuccio e che in dieci anni è diventata una grande azienda del settore. La Technogym di Nerio Alessandri, uno che ha cominciato sbirciando il laboratorio artigianale sotto casa. C'è una comunità di destini tra imprenditori e lavoratori. Per questo agli imprenditori tocca garantire ai lavoratori salari adeguati, la sicurezza fisica e la serenità, che consenta loro di sentirsi parte dell'impresa. Chi conosce gli operai sa che hanno un grande patriottismo aziendale, talora molto più dei manager che si assegnano le stock-options. È il momento di costruire un'alleanza tra imprese e lavoro, e varare una politica fiscale a sostegno dei salari».

Anche Prodi lo dice, ma Padoa-Schioppa frena. Chi ha ragione?
«Credo che abbia ragione chi sostiene l'urgenza di interventi peraltro previsti dalla legge finanziaria, che al comma 4 dell'articolo 1 destina tutto l'extragettito alla detrazione delle imposte sul lavoro dipendente. Dobbiamo dare ossigeno alle famiglie e alle imprese, e prima lo facciamo meglio è. Le risorse ci sono, e devono produrre un aumento significativo dei redditi, non 15 euro l'anno, che non servono a nessuno. Qui si sta rompendo l'ascensore sociale. Nel dopoguerra, i contadini pensavano che i loro figli avrebbero fatto gli operai, gli operai che avrebbero fatto gli impiegati, gli impiegati che avrebbero fatto i professori. Questo meccanismo, che ha tenuto su l'Italia, è in panne. Sta alla politica ripararlo al più presto. Anche per questo sono convinto, a differenza della sinistra radicale, che la crescita dei salari debba essere accompagnata dalla crescita della produttività, oltre che dal sostegno alle famiglie e agli incapienti».

A dire il vero, le divisioni della maggioranza emerse in questi giorni riguardano soprattutto la legge elettorale.
«Ma la legge elettorale è necessaria per tutto questo, per far funzionare il sistema, per rimettere in moto il Paese. Io posso fare il pieno di benzina, ma se la macchina è guasta il motore non si accende. L'emergenza rifiuti conferma la crisi della politica; e il tempo non è illimitato. Nel suo bel saggio su Weimar, Gian Enrico Rusconi racconta come una democrazia possa implodere».

Siamo dunque a Weimar?
«Non siamo più al tempo delle notti dei cristalli e delle marce su Roma, sono convinto che possa essere la democrazia a risolvere la crisi della politica. Prima del 27 ottobre, Berlusconi rifiutava qualsiasi dialogo e reclamava la spallata, alla testa di una Cdl unita. Oggi siamo a un passo da una soluzione positiva, sollecitata dal presidente Napolitano nel suo appello di fine anno. Nell'ultimo miglio — il più difficile — che attende la riforma elettorale, tutti sono chiamati a un gesto di responsabilità, per ridurre la frammentazione del sistema. Io ho partecipato l'altro giorno a un vertice di 38 persone. Ma non erano meno affollati i vertici del centrodestra nella scorsa legislatura. In quale Paese del mondo accade questo?».

Crede che stavolta Berlusconi sia pronto a un accordo? Lei se ne fida davvero?
«Questa è una domanda che non mi posso porre. Gli interlocutori sono quelli che sono. Non si scelgono. La domanda che mi faccio è: si può pensare di riscrivere la legge elettorale senza Berlusconi, senza il partito che con il nostro è il più grande d'Italia? Non si può. Io voglio passare dalla concezione della destra, per cui le regole del gioco le scrive la maggioranza e poi sulla partita ci si mette d'accordo, alla concezione per cui le regole del gioco si scrivono insieme e poi ognuno gioca la partita per vincere; possibilmente senza colpi bassi».

Il colpo basso rischia di riceverlo il governo. I partiti minori della maggioranza sono in rivolta, il prezzo dell'accordo con l'opposizione potrebbe essere la caduta di Prodi.
«La verità è che, a un anno dalla nascita di un governo, mettere sul suo percorso la mina del referendum — per quanto nato da un'esigenza reale — è stato un errore politico. Pare una situazione da "Comma 22": se l'accordo non si fa, la maggioranza si spacca sul referendum; ma l'alternativa non è stare fermi, è trovare una soluzione. Il Pd considera che il sistema ideale per il futuro sia quello francese, come ho sempre detto; ma nelle condizioni date è importante aver trovato sulla bozza Bianco una convergenza con Forza Italia, Rifondazione, Udc, ora anche An. Cercheremo di allargarla ancora».

Abbassando lo sbarramento sotto il 5%?
«No. Non possiamo fare una legge peggiore di quella che c'è. Alcuni elementi di "disproporzionalità" sono indispensabili: lo sbarramento al 5; il voto congiunto, per cui si sceglie insieme il candidato e il simbolo. Poi si può vedere se organizzare il riporto dei resti su base nazionale o circoscrizionale, se prevedere un piccolo premio di maggioranza per il primo partito. Ci sono forze che avrebbero comunque rappresentanza grazie al loro radicamento nel territorio. Ci sono forze che con Rifondazione condividono il progetto di un partito nuovo, e non si vede perché resistano alla soglia di sbarramento».

E ci sono forze che sarebbero cancellate.
«Non vogliamo questo. A fianco delle norme, c'è la politica. Se c'è un processo per cui la sinistra radicale si unifica, dall'altra parte può aprirsi un processo di dialogo e convergenza tra diverse forze del centrosinistra e il Partito democratico».

Sta dicendo che offre un patto a Di Pietro, Boselli, Mastella per garantirne la sopravvivenza politica?
«Sono le loro idee e le loro identità a garantirla. Quello che voglio dire è che a fianco delle norme c'è la politica e la capacità di riconoscere identità differenti, senza integralismi. Ci sono molti modi per far sì che dopo la riforma restino molti meno gruppi parlamentari, senza che per questo i partiti minori siano cancellati».

Si tratta anche sulle regole interne al Pd. Latorre dice no a un «partito del leader». Sul Corriere, Galli della Loggia le rimprovera di dissipare il patrimonio di voti delle primarie, per dare retta alle neonate correnti.
«Credo che nessun partito nella storia italiana sia stato osservato con simile attenzione da entomologi, sia stato vivisezionato nei suoi aspetti più minuti...».

Giustamente: è un partito nuovo.
«Sì, è un partito nuovo, nato con il concorso di tre milioni e mezzo di persone. Io, com'è noto, ero contrario all'elezione diretta, ma si è voluto questo sistema. Che non è una tecnicalità, è una scelta politica, una forma di investimento popolare del leader. Ovviamente, un leader si dota di strutture di decisione politiche, e un grande partito ha una vita interna articolata. È positivo che nascano centri studi, associazioni, organizzazioni, purché ognuno possa partecipare all'una e, magari nello stesso tempo, all'altra; purché non diventino correnti. Purché non siano strutture di potere, con finanziamenti paralleli, che richiedano un'appartenenza. L'appartenenza dev'essere una sola: al Partito democratico. Che poi all'interno del nuovo partito ci possa essere la propensione a ripetere gli schemi d'un tempo, è fisiologico. Ma il mio unico vincolo sono i tre milioni e mezzo delle primarie. Del resto credo mi sia riconosciuto, accanto alla capacità di decidere, anche il gusto dell'ascolto».

Tra i vecchi schemi è riemerso l'antagonismo con D'Alema.
«Quanto piace a voi giornalisti... quanto vi piace tornare a immergervi nel vostro brodo primordiale, ritrovare la logica conradiana dei duellanti... ».

Pare piaccia anche a D'Alema. Qualche colpo gliel'ha rifilato: quando dice che Veltroni conosce Berlusconi più di lui, quando paventa che lei e Franceschini siate impazziti.
«A me non piace. E, siccome non piace a nessuno di coloro che credono nel Pd, credo non piaccia neppure a Massimo D'Alema».

Gli uomini di Letta hanno proposto che lo statuto imponga al leader sconfitto alle elezioni di dimettersi. È d'accordo?
«Ho detto a Enrico, il quale non sapeva della proposta, che do il contenuto per ovvio. Come avviene in molti altri Paesi, il leader sconfitto si fa da parte. Ovviamente, quel leader deve avere il tempo di espletare il suo mandato, di giocare la sua parte, per andare a elezioni in cui risponde di quel che ha fatto».

Allora è vero che lei preferisce votare subito, finché un'eventuale sconfitta sarebbe imputabile a Prodi, anziché attendere ancora, fino a quando la responsabilità sarebbe sua?
«È vero il contrario, il governo deve continuare la sua azione e poi votare subito non avrebbe senso. Perché lo sbarramento è inutile, se non è accompagnato dalla riforma dei regolamenti parlamentari, che vieti di costituire gruppi non collegati a simboli presenti sulla scheda elettorale. Ed è inutile finché restano mille parlamentari e due Camere legislative. Come auspico da tempo, il 2008 può essere davvero l'anno delle riforme».

Quale insegnamento ha tratto dalla vicenda delle critiche del Papa?
«Il Papa ha voluto chiarire qual è il suo giudizio, il suo rapporto con la città, la valutazione positiva sui grandi cambiamenti di un'area urbana che cresce il doppio del Paese in pil e occupazione. Il Comune di Roma ha fatto sforzi significativi per la politica sociale, ha aumentato del 48% gli investimenti per i più deboli, lavora a fianco dei parroci, della comunità di Sant'Egidio, della Caritas. È giusto riconoscere che, come tutte le grandi aree metropolitane, Roma convive con il problema della povertà. Le parole pronunciate ieri (venerdì, nda) da Benedetto XVI, dal cardinal Bertone e dalla sala stampa vaticana sono la migliore risposta a chi voleva strumentalizzare la vicenda. Spero che gli esponenti di An che hanno tentato questa operazione cinica riflettano su se stessi, specialmente se sono uomini di fede».

Prodi: via libera a riduzione carico fiscale per lavoratori e famiglie


"La riunione di oggi ha un obiettivo principale: abbiamo bisogno di concentrare le nostre politiche su quelle scelte che possano consentire al nostro Paese di avviarsi verso una crescita più sostanziosa e duratura". E' quanto dichiara il presidente del Consiglio, Romano Prodi, nel suo discorso introduttivo al vertice di maggioranza su rilancio economico e salari, in corso a Palazzo Chigi.

"L'incontro di oggi ha lo scopo di condividere scenari e obiettivi in un quadro generale di riforme che dobbiamo tenere presente e che dovremo affrontare nei prossimi mesi - spiega il premier -. Penso alla riforma istituzionale, alla legge elettorale, ed anche al conflitto di interesse e alla riforma della RAI. Oggi ci concentriamo sui temi dello sviluppo, della crescita e della distribuzione. Questo è il tavolo che decide queste politiche da portare poi al confronto con le parti sociali".

Analizzando la situazione dei conti pubblici, il premier ha sottolineato come "negli ultimi due anni, le cifre sono più che confortanti - prosegue Prodi -: l'Italia è cresciuta più di quanto non fosse successo nella prima metà del decennio; gli investimenti sono aumentati, le esportazioni hanno ripreso a marciare a ritmi straordinari nonostante la forza dell'euro, la disoccupazione non è mai stata così bassa. E anche un problema come l'inflazione in salita, che complica la vita ai lavoratori e alle famiglie, va confrontata con le percentuali degli altri Paesi europei che collocano l'Italia in una posizione migliore".

Non nascondendo il fatto che ci siano degli elementi di criticità, il presidente del Consiglio ha posto l’accento sul tema del potere d’acquisto e dei salari. "Tutto ciò che sarà recuperato dall'evasione fiscale o da altre forme di extra-gettito – ha detto Prodi – dovrà essere indirizzato alla riduzione del carico fiscale dei lavoratori e delle famiglie". Il premier, a questo proposito, ha confermato che «le risorse da destinare alla riduzione del carico fiscale potranno provenire anche dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie".

Il Professore ha poi sottolineato che "gli interventi di carattere fiscale sui quali ci concentreremo nei prossimi mesi non possono certo risolvere da soli tutte le questioni redistributive del Paese. Una più equa distribuzione del reddito dipende anzitutto dalla crescita economica e dalla contrattazione. Con gli strumenti che abbiamo a disposizione e con le risorse che saremo capaci di generare possiamo, però, muoverci nella direzione di una riduzione concreta del carico fiscale, a vantaggio, innanzitutto dei salari e dei bassi redditi".

Per avere un quadro più preciso delle risorse che verranno destinate al tema dell’incremento dei salari, il premier ha però rimandato al varo della trimestrale di cassa. «La misura precisa dello sforzo finanziario necessario per realizzare queste politiche – ha spiegato – sarà chiara nei prossimi mesi, quando, dopo la trimestrale di cassa, avremo dati certi a nostra disposizione». In sostanza, ha tenuto a precisare Prodi, ocorre prima avere chiaro lo stato dei conti pubblici. "A quel punto – spiega Prodi - potremo definire meglio tutti i dettagli degli interventi che intendiamo portare avanti».

Spostando poi l’attenzione su un altro tema strettamente legato alle necessità dei cittadini e dei consumatori, quale quello delle liberalizzazioni, il presidente del Consiglio ha assicurato che «il percorso andrà proseguito anche nel 2008. La difesa del potere d'acquisto delle famiglie, il valore reale dei salari, andrà difeso proseguendo con costanza nella progressiva liberalizzazione della nostra economia». Insiste Prodi: «Dobbiamo fissare un calendario impegnativo per le riforme già in Parlamento e proseguire con politiche che mettono al centro i diritti dei consumatori. Troppe continuano a essere le incrostazioni, le inefficienze, le posizioni di rendita che condizionano negativamente il mercato del lavoro – restringendo le scelte dei nostri giovani – e proprio il potere d'acquisto sul quale si scaricano dinamiche dei prezzi slegate dall'operare di veri meccanismi concorrenziali».

Il premier ha infine annunciato l’immediata partenza dei tavoli di concertazione con le parte sociali, a partire proprio dal tema dei salari e del potere d’acquisto, ma non solo. «Dopo questo nostro incontro, il governo aprirà una nuova fase di concertazione con l'obiettivo di giungere ad un grande patto per lo sviluppo. Lo dobbiamo fare ora – ha aggiunto – e lo dobbiamo fare noi. Per non sprecare un’enorme opportunità che abbiamo a portata di mano». Concertazione che con i sindacati andrà a toccare anche il rinnovo del contratto del pubblico impiego. «Apriremo subito la trattativa – ha concluso Prodi – chiedendo piena attuazione del memorandum siglato con sindacato su qualità, mobilità e merito».

Primarie usa: Kerry si schiera con Barack Obama


L'ex sfidante di Bush porta in dote la sua macchina organizzariva e l'appoggio dei sindacati in Nevada



Colpo di scena nella corsa per la nomination democratica: John Kerry irrompe nella campagna elettorale appoggiando la candidatura di Barack Obama, mentre il senatore dell’Illinois raccoglie il sostegno del più grande sindacato del Nevada, forte di 60 mila iscritti, e lancia la controffensiva ad Hillary Clinton partendo dal feudo newyorkese dell’ex First Lady. «Martin Luther King diceva che ogni momento è opportuno per fare ciò che è giusto - sferza Kerry dinanzi agli elettori di Charleston, in Carolina del Sud - sono qui oggi per esprimere la mia fiducia a una persona che ritengono debba diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti: Barack Obama».

La scelta di campo del senatore del Massachusetts se da una parte rilancia il candidato afro-americano dopo la doccia fredda del New Hampshire, dall’altra rappresenta un duro colpo per Hillary Clinton e un fulmine a ciel sereno per John Edwards che nel 2004 era stato scelto come vice dallo stesso Kerry dopo la vittoria alle primarie democratiche. «Più di ogni altro Barack Obama è la persona giusta per aiutare l’America a voltare pagina e mettere fine alle divisioni che lacerano il nostro Paese», spiega Kerry la cui decisione arriva fra l’altro a due settimane dal delicato voto in Carolina del Sud, Stato di origine dello stesso Edwards. Nel «Palmetto State», Obama punta al consenso della comunità afro-americana - che rappresenta la metà degli elettori - per battere il rivale regalando così la rivincita a Kerry che quattro anni fa si vide soffiare lo Stato proprio da John Edwards.

La scelta del senatore del Massachusetts smorza inoltre la voglia di rivincita di Hillary Clinton dopo il voto del New Hampshire. Del resto l’ex First Lady se lo doveva aspettare visto che nonostante l’amicizia con Bill, i rapporti tra lei e Kerry erano peggiorati specie dopo lo scambio di accuse nel corso del dibattito sulla guerra in Iraq. Tra i due litiganti è Obama quindi ad avere la meglio: grazie all’appoggio di Kerry il candidato afro-americano potrà contare non solo su un significativo ritorno di consensi, ma anche di un valido appoggio organizzativo e logistico nella raccolta di fondi per la campagna elettorale.

Il timore di un effetto domino all’indomani della sconfitta in New Hampshire appare ora lontano per il senatore dell’Illinois che oltre al «fattore Kerry» può contare da ieri sull’appoggio della Culinary Workers Union, il principale sindacato dello Stato del Nevada con oltre 60 mila iscritti e che fa capo alla confederazione «Unite Here». «La nostra organizzazione farà di tutto per sostenerlo sino alla Casa Bianca, perché siamo convinti che sia l’unico che abbia realmente a cuore le richieste dei lavoratori», spiega il presidente Bruce Raynor.

Un altro punto a favore di Obama che ha il sapore della beffa per la Clinton: la Culinary Workers Union, a cui aderiscono la grande maggioranza dei lavoratori del settore alberghiero e dei casinò del Nevada - molti dei quali di origine ispanica - ha infatti «scaricato» Hillary subito dopo il voto in New Hampshire per appoggiare la candidatura di Obama.

Archiviata la sconfitta tra le nevi del New England, il senatore prepara la nuova offensiva anti-Clinton partendo dal feudo newyorkese della ex First Lady. Un migliaio di sostenitori d’eccezione tra cui Richard Gere, il regista Spike Lee e la supermodella Iman, sono intervenuti mercoledì a una serata di gala a Manhattan durante la quale sono stati raccolti oltre 700 mila dollari. Nel frattempo il ritiro dalla corsa di Bill Richardson apre la caccia dei democratici ai voti liberati con l’uscita di scena del governatore del New Mexico.

PRODI: NON PERDIAMO L’OPPORTUNITA’ DI CAMBIARE IL PAESE

«Accontentarci non possiamo». Un monito, un appello, quasi uno sprono le prime parole pronunciate dal presidente del Consiglio Romano Prodi in apertura del vertice di maggioranza che oggi ha riunito ministri, leader della coalizione, capigruppo ed esponenti di partito a Palazzo Chigi per definire un’efficiente e univoca strategia su salari e politica economica.

Folta la delegazione governativa. Alla riunione hanno partecipato, infatti, i due vicepremier, Francesco Rutelli e Massimo D'Alema, i ministri dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, dell'Attuazione del programma Giulio Santagata, dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, il Guardasigilli, Clemente Mastella, dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Sono presenti anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta e all'Economia, Nicola Sartor.

Per la prima volta da segretario del Pd, inoltre, partecipa il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Tra i leader dell'Unione, Antonio Di Pietro, Mastella, Pecoraro. C'è anche il leader dei Radicali italiani, Marco Pannella.

Il presidente del Consiglio elenca le cose buone fatte e gli obiettivi centrati dal governo ma, subito dopo incalza, «dobbiamo andare oltre questi risultati. Il Paese ha tutte le potenzialità per lasciarsi definitivamente alle spalle un lungo periodo di bassa crescita e aspirare a uno sviluppo più intenso e duraturo».

«La riunione di oggi – ribadisce ancora - ha un obiettivo principale: abbiamo bisogno di concentrare le nostre politiche su quelle scelte che possano consentire al nostro Paese di avviarsi verso una crescita più sostanziosa e duratura».

«Spero – aggiunge poi - condividiate con me che abbiamo davanti a noi una grande occasione che non va sprecata. L'occasione di una grande operazione di rilancio della crescita».

«Negli ultimi due anni, - ricorda - le cifre sono più che confortanti: l'Italia è cresciuta più di quanto non fosse successo nella prima metà del decennio; gli investimenti sono aumentati, le esportazioni hanno ripreso a marciare a ritmi straordinari nonostante la forza dell'euro, la disoccupazione non è mai stata così bassa».

«Nel primo anno e mezzo di Governo abbiamo creato le condizioni per poter raggiungere con sicurezza traguardi ambiziosi di sviluppo e coesione sociale. Abbiamo redistribuito più dell'1% del prodotto nazionale lordo a favore di redditi più bassi. Abbiamo invertito un trend delle spese che superava abbondantemente l'inflazione».

«E anche un problema come l'inflazione in salita, che complica la vita ai lavoratori e alle famiglie – aggiunge - , va confrontata con le percentuali degli altri Paesi europei che collocano l'Italia in una posizione migliore».

Ma nonostante i passi compiuti, il premier non dimentica quanto c’è da fare e i problemi da affrontare, primo tra tutti la questione dei salari. «Vorrei essere molto chiaro e vorrei che ne fossimo tutti consapevoli – sottolinea - : gli interventi di carattere fiscale sui quali ci concentreremo nei prossimi mesi non possono certo risolvere da soli tutte le questioni redistributive del Paese».

Per Prodi, infatti, «una più equa distribuzione del reddito dipende anzitutto dalla crescita economica e dalla contrattazione. Con gli strumenti che abbiamo a disposizione e con le risorse che saremo capaci di generare possiamo, però – aggiunge - , muoverci nella direzione di una riduzione concreta del carico fiscale, a vantaggio, innanzitutto dei salari e dei bassi redditi».

Un intervento che però dovrà attendere. «La misura precisa dello sforzo finanziario necessario per realizzare queste politiche –spiega - sarà chiara nei prossimi mesi, quando, dopo la trimestrale di cassa, avremo dati certi a nostra disposizione. A quel punto potremo definire meglio tutti i dettagli degli interventi che intendiamo portare avanti».

Ma precisa, «non un euro senza un impegno forte delle forze sociali per più produttività, maggiori salari e maggiori investimenti». Ovviamente, inoltre, tutte le operazioni fiscali «devono essere compatibili con la riduzione e con l'abbattimento del debito pubblico. Il principio lo abbiamo inaugurato con la Finanziaria appena approvata e ora bisogna andare avanti: non dovremo chiedere un euro in più ai nostri lavoratori, alle famiglie e alle imprese per il risanamento dei nostri conti».

«Tutto ciò che sarà recuperato dall'evasione fiscale o da altre forme di extra-gettito dovrà essere indirizzato alla riduzione del carico fiscale dei lavoratori e delle famigli. Questa è stata la decisione del Parlamento assunta in sede di esame e approvazione della Legge Finanziaria».

In questa ottica, quindi, «tutte le risorse aggiuntive le dedicheremo allo sviluppo». Ma anche il contenimento strutturale delle spese improduttive «sarà la fonte principale da cui trarre le risorse, perchè il nostro Paese possa godere nel tempo di finanze sane e concentrate sulle sue grandi priorità della crescita e dell'equilibrio sociale, riducendo in parallelo quell'enorme trasferimento dai redditi alla rendita che è oggi ancora costituito dagli oltre 70 miliardi di euro di interessi che ogni anno lo Stato paga sul suo debito».

«Il risanamento che siamo stati capaci di realizzare finora – ricorda ancora - è figlio non solo dell'andamento del gettito fiscale, ma anche di un'azione più costante, più capillare, più credibile nel contenimento delle spese».

Ed ora, «proseguire il riequilibrio finanziario – sottolinea - è un obbligo non solo economico, ma anche morale nei confronti delle generazioni future dalle cui spalle dobbiamo togliere il peso enorme dei debiti accumulati in passato».

«Quanto realizzato – ricorda poi - costituisce infatti la premessa per rafforzare le politiche a favore dello sviluppo e dell'equità che abbiamo cominciato a perseguire - seppure ancora in modo parziale e forse troppo frammentato - fin dalla scorsa Legge Finanziaria».

«Sono misure - precisa però - che non risolvono magicamente tutti i problemi di equità nella nostra società ma sono un segnale, l'inizio di un'inversione di tendenza. E in questa direzione dobbiamo procedere. Così come bene e seriamente ci siamo mossi nei confronti della precarietà del lavoro, riducendo la convenienza ad usare lavoro a tempo determinato, con la stabilizzazione dei precari nella Pubblica amministrazione e con la lotta per l'emersione del lavoro nero. Sono risultati di cui questa maggioranza e questo governo possono essere orgogliosi. Cerchiamo magari di manifestarlo di più».

«Il contesto internazionale all'interno del quale ci muoviamo – non dimentica il premier - non è semplice. Prezzi del petrolio e di importanti materie prime sono fortemente aumentati. E’ un quadro severo, in cui due problemi emergono in modo chiaro: la bassa produttività complessiva del nostro sistema e una cattiva distribuzione del reddito. Sono due problemi che si intrecciano e che vanno affrontati insieme. Dobbiamo fare più affidamento sulla domanda interna, sostenere il potere d'acquisto dei lavoratori e delle famiglie in un quadro di economia competitiva. E continuare, potenziando maggiormente la ricerca, la formazione, la dotazione infrastrutturale e con un grande sforzo per il Mezzogiorno».

«Non abbiamo di fronte solo il tema di come redistribuire alcune risorse ma piuttosto dobbiamo mettere a punto una nuova fase di politica economica. Una politica per la crescita elaborata e portata avanti con determinazione e coerenza anzitutto da noi, dalla maggioranza, ma alla cui definizione e realizzazione dobbiamo coinvolgere tutte le forze sociali. Ecco perché – continua - , dopo questo nostro incontro, il Governo aprirà una nuova fase di concertazione con l'obiettivo di giungere ad un grande patto per lo sviluppo».

«Lo dobbiamo fare ora – aggiunge prodi - e lo dobbiamo fare noi. Per non sprecare un'enorme opportunità che abbiamo a portata di mano. A voi chiedo – conclude infine - un impegno fatto di idee, proposte e partecipazione. E se c'è condivisione di questi obiettivi vi invito a procedere uniti perché, grazie al lavoro finora svolto, abbiamo davvero la possibilità di sviluppare a pieno le energie dell'Italia».


Curriculum delle scuole superiori determinante per l'università

Per la prima volta il curriculum delle scuole superiori sarà determinante per il proseguimento degli studi all'università e i quiz universitari - conclude Fioroni – dovranno tenere conto dei programmi delle superiori. Da "Orizzontescuola" del 5 gennaio 2008.


Così il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni ha commentato il provvedimento approvato oggi dal Consiglio dei Ministri. “La maturità non sarà più solo un pezzo di carta - continua Fioroni - ma una porta d'ingresso al proprio futuro e finalmente gli studi delle superiori avranno un loro peso specifico: non saranno più a valutazione zero come accadeva fino ad oggi ma garantiranno fino a 25 punti che varranno per l'accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso, e sono proprio i 25 punti che possono fare la differenza tra chi entra e chi resta fuori. Queste le misure adottate oggi dal Consiglio dei Ministri che entreranno in vigore a partire dall'anno accademico 2008/2009.

Ecco in sintesi i principali punti del provvedimento approvato
  • Percorsi di orientamento per una scelta consapevole dei corsi di laurea universitari e valorizzazione della qualità dei risultati scolastici degli studenti per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato: I percorsi si inseriranno strutturalmente nell'ultimo anno di corso della scuola secondaria di secondo grado;
  • Per l'accesso ai corsi universitari a numero programmato, nel punteggio massimo di 105 punti, 80 saranno assegnati sulla base del risultato del test d'ingresso e 25 saranno dati agli studenti che avranno conseguito risultati di eccellenza a scuola. A tal fine contribuiranno: la media complessiva, non inferiore a sette decimi, dei voti ottenuti negli scrutini finali di ciascuno degli ultimi tre anni di frequenza della scuola secondaria superiore; la valutazione finale conseguita nell'esame di Stato dal 20% degli studenti con la votazione più alta attribuita dalle singole commissioni, che comunque non deve essere inferiore a 80/100; la lode ottenuta nella valutazione finale dell'esame di Stato; le votazioni, uguali o superiori agli otto decimi, conseguite negli scrutini finali di ciascuno degli ultimi tre anni in discipline, predefinite nel bando di accesso a corsi universitari, che abbiano diretta attinenza o siano comunque significative per il corso di laurea prescelto.
  • Il decreto prevede anche la realizzazione di appositi percorsi di orientamento affinché gli studenti arrivino preparati ai corsi di laurea che hanno scelto consolidando le proprie conoscenze in relazione alla preparazione richiesta per i diversi corsi di studio. Per questo i docenti della scuola secondaria superiore possono essere coinvolti nella predisposizione dei test di accesso all'università, mentre nelle scuole possono essere organizzati percorsi di orientamento con la partecipazione di professori universitari.
  • È possibile, inoltre, fare ricorso a specifiche convenzioni aperte alla partecipazione di associazioni, imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni che intendono fornire il loro apporto con proprie risorse tecniche, umane e finanziarie. Per monitorare le attività svolte in attuazione del decreto e i risultati ottenuti nasce una Commissione nazionale - con rappresentanza paritetica del Ministero della pubblica istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca con una rappresentanza territoriale dei Comuni, delle Province e delle Regioni - che opera in raccordo con l'Istituto nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione (Invalsi) e con l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur).

Nasce il blog della commissione valori regionale

E' nato il blog della commissione valori del partito democratico regionale per rendere i lavori della Commissione il più partecipati e pubblici possibili e per consentire e tutti i democratici e le democratiche sparsi per l'isola di inviare il loro contributo o semplicemente dire la propria su ciò che la commissione produce nelle sue riunioni.Per contattare la commissione è possibile inviare una mail all'indirizzo valori.pdsicilia@libero.it

il link del blog http://www.commissionevalori.ilcannocchiale.it/

Il lavoro della commissione statuto nazionale

Le proposte presentate nella commissione

Finanziaria 2008

E' fondamentale che, come partito, iniziamo un'opera di diffusione delle novità presenti nella Finanziaria 2008.Mettiamo quindi a disposizione un po' di materiale che ci possa aiutare ad analizzarla, con la speranza di riuscire, nel prossimo mese, ad organizzare sul territorio una serie di iniziative di divulgazione.

LA FINANZIARIA IN PILLOLE.pdf

L'IOWA SCEGLIE OBAMA. "E' ARRIVATO IL MOMENTO PER CAMBIARE IL PAESE"

Il senatore democratico di Chicago Barack Obama ha fatto un primo importantissimo passo verso la Casa Bianca. Nel primo confronto delle primarie, che si chiuderanno ufficialmente in estate ed entreranno nel vivo solo all'inizio di febbraio, Obama ha preceduto l'ex senatore della Carolina del Nord John Edwards e la senatrice di New York Hillary Clinton.

Chiaro il verdetto dei caucus (assemblee popolari) dell'Iowa: al senatore afroamericano è stato assegnato oltre il 37% delle preferenze, contro il 28 circa del kennediano Edwards e il 27 dell'ex first lady.
Il messaggio che giunge dall'Iowa, tradizionalmente un affidabile indicatore di come si esprimerà poi l'intera nazione, è chiaro: gli Stati Uniti hanno un'immensa, disperata voglia di cambiamento. Cambiamento è ormai più di una parola d'ordine, è la spiegazione di un entusiasmo che il Partito democratico, dopo otto anni di amministrazione Bush, non vedeva da anni. Più precisamente dagli anni novanta, dai primi giorni dell'ascesa di Bill Clinton. Cambiamento è la parola chiave per spiegare e per capire la vittoria storica di Barack Obama, giovane senatore di colore, nelle primarie dell'Iowa, uno degli Stati più bianchi, religiosi e conservatori d'America.
"Questo è un giorno che ricorderemo fra molti anni" ha detto un raggiante Obama, accanto alla moglie Michelle e alle due figlie, Malia Ann e Natasha. "Questo è un giorno in cui abbiamo abbattuto le barriere della politica - ha continuato, ispirato tra gli applausi dei suoi sostenitori a Des Moines, quasi tutti giovanissimi - questo è il giorno in cui abbiamo vinto sulla politica della paura e del cinismo. Questo è il giorno in cui possiamo parlare a democratici, repubblicani e indipendenti e dire che siamo un popolo unico, non diviso, che non ci sono stati rossi e stati blu, ma solo gli Stati Uniti d'America. Il nostro momento per cambiare il Paese è arrivato". Il sogno impossibile sembra potersi avverare, ed è un sogno americano: "Ho un padre del Kenya e una madre del Kansas e una storia personale che può esistere solo in America, la speranza e il coraggio di guardare avanti mi hanno portato qui e mi porteranno avanti".
Entusiasta, nonostante la sconfitta, per certi versi inaspettata, il commento di Hillary Clinton. "Questa - ha detto - è stata una grande notte per i democratici, ora sappiamo che stiamo per cambiare il Paese e che a novembre ci riprenderemo la Casa Bianca". La senatrice di New York Hillary ha posto l'accento sullo straordinario entusiasmo dei colleghi di partito in Iowa. Prendendo parola a Des Moines, capitale dell'Iowa, nel suo quartier generale, accanto al marito Bill e all'ex segretario di Stato Madeleine Albright, l'ex firt lady ha assicurato che "ora porteremo il nostro entusiasmo in New Hampshire, dove i democratici devono poter scegliere un candidato in grado di battere i repubblicani. In gioco - ha concluso Hillary - c'è il futuro del nostro Paese, non possiamo rischiare".
Soddisfatto anche l'ex senatore della Carolina del Nord John Edwards, che, a sorpresa, ha scavalcato Hillary Clinton nelle preferenze degli elettori dell'Iowa. "Ha vinto il cambiamento, di cui questo paese ha disperatamente bisogno. Gli elettori hanno scelto il cambiamento dello status quo", ha detto Edwards, che ha puntato molto sulla campagna elettorale in New Hampshire, dove le primarie si terranno il prossimo 8 gennaio. "Il messaggio che ho inviato è stato raccolto, continuerò quindi a lottare per il cambiamento, per la classe media e per la creazione di posti di lavoro, questioni di grande importanza", ha concluso il senatore.
Ad avallare l'entusiasmo dei democratici giunge anche il supporto dei numeri. Impressionante è l'affluenza da record alle urne, testimonianza del fatto che numerosi indipendenti hanno deciso di recarsi ai caucus democratici e affiliarsi al partito. Circa 232mila elettori democratici dell'Iowa hanno sfidato il freddo di questo piccolo Stato rurale del midwest. Una cifra enorme se si considera che nel 2004 i democratici al voto erano stati 125mila. Per spiegare la vittoria netta del senatore afroamericano, basta dare un'occhiata ai dati relativi ai voti delle donne e dei giovani, le vere chiavi del trionfo di Obama. Sorprendente il dato riguardante le donne non sposate: il 36% ha scelto il senatore di Chicago, mentre il 32% ha dato la propria preferenza a Hillary Clinton. Per quanto riguarda i giovani, Obama ha ottenuto il sostegno del 57% della fascia compresa tra i 17 e i 29 anni, e il 42% degli elettori di età compresa tra i 20 e i 44 anni. Clinton ha avuto da loro rispettivamente l'11 e il 23%. Tra gli ultrassessantacinquenni l'ha spuntata Hillary, con il 45% dei voti contro il 18% di Obama.
Per quanto riguarda il campo repubblicano, molto meno vistoso è il dato dell'affluenza. 120mila sono gli elettori conservatori che si sono recati ai caucus nell'Iowa, poco più della metà rispetto ai democratici. Di questi circa il 34%, trascinato dalla destra religiosa degli evangelici, ha premiato l'ex governatore dell'Arkansas Mike Huckabee, pastore battista convertito alla politica, che due mesi fa nessuno aveva sentito nominare o quasi nello Stato. E' finito al tappeto l'ex governatore del Massachussets Mitt Romney, fermo al 25% dei voti, nonostante una campagna elettorale estremamente dispendiosa.
Dopo l'Iowa, il prossimo Stato in cui si svolgeranno le primarie sarà il New Hampshire, dove gli elettori saranno chiamati a scegliere il loro candidato il prossimo 8 gennaio. La corsa verso il 4 novembre (data delle elezioni presidenziali) è dunque cominciata. Ed è stato un inizio che ha immediatamente messo in evidenza quanto la spinta propulsiva dei democratici sia forte. Nel popolo americano sembra essersi accesa finalmente la luce della speranza, finora offuscata da otto anni di amministrazione repubblicana. Ora il cammino sarà compiuto solo quando gli Stati Uniti potranno dirsi un Paese più giusto e dinamico al suo interno, più aperto e più rispettato nelle relazioni internazionali.