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PRODI: NON PERDIAMO L’OPPORTUNITA’ DI CAMBIARE IL PAESE

«Accontentarci non possiamo». Un monito, un appello, quasi uno sprono le prime parole pronunciate dal presidente del Consiglio Romano Prodi in apertura del vertice di maggioranza che oggi ha riunito ministri, leader della coalizione, capigruppo ed esponenti di partito a Palazzo Chigi per definire un’efficiente e univoca strategia su salari e politica economica.

Folta la delegazione governativa. Alla riunione hanno partecipato, infatti, i due vicepremier, Francesco Rutelli e Massimo D'Alema, i ministri dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, dell'Attuazione del programma Giulio Santagata, dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, il Guardasigilli, Clemente Mastella, dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Sono presenti anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta e all'Economia, Nicola Sartor.

Per la prima volta da segretario del Pd, inoltre, partecipa il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Tra i leader dell'Unione, Antonio Di Pietro, Mastella, Pecoraro. C'è anche il leader dei Radicali italiani, Marco Pannella.

Il presidente del Consiglio elenca le cose buone fatte e gli obiettivi centrati dal governo ma, subito dopo incalza, «dobbiamo andare oltre questi risultati. Il Paese ha tutte le potenzialità per lasciarsi definitivamente alle spalle un lungo periodo di bassa crescita e aspirare a uno sviluppo più intenso e duraturo».

«La riunione di oggi – ribadisce ancora - ha un obiettivo principale: abbiamo bisogno di concentrare le nostre politiche su quelle scelte che possano consentire al nostro Paese di avviarsi verso una crescita più sostanziosa e duratura».

«Spero – aggiunge poi - condividiate con me che abbiamo davanti a noi una grande occasione che non va sprecata. L'occasione di una grande operazione di rilancio della crescita».

«Negli ultimi due anni, - ricorda - le cifre sono più che confortanti: l'Italia è cresciuta più di quanto non fosse successo nella prima metà del decennio; gli investimenti sono aumentati, le esportazioni hanno ripreso a marciare a ritmi straordinari nonostante la forza dell'euro, la disoccupazione non è mai stata così bassa».

«Nel primo anno e mezzo di Governo abbiamo creato le condizioni per poter raggiungere con sicurezza traguardi ambiziosi di sviluppo e coesione sociale. Abbiamo redistribuito più dell'1% del prodotto nazionale lordo a favore di redditi più bassi. Abbiamo invertito un trend delle spese che superava abbondantemente l'inflazione».

«E anche un problema come l'inflazione in salita, che complica la vita ai lavoratori e alle famiglie – aggiunge - , va confrontata con le percentuali degli altri Paesi europei che collocano l'Italia in una posizione migliore».

Ma nonostante i passi compiuti, il premier non dimentica quanto c’è da fare e i problemi da affrontare, primo tra tutti la questione dei salari. «Vorrei essere molto chiaro e vorrei che ne fossimo tutti consapevoli – sottolinea - : gli interventi di carattere fiscale sui quali ci concentreremo nei prossimi mesi non possono certo risolvere da soli tutte le questioni redistributive del Paese».

Per Prodi, infatti, «una più equa distribuzione del reddito dipende anzitutto dalla crescita economica e dalla contrattazione. Con gli strumenti che abbiamo a disposizione e con le risorse che saremo capaci di generare possiamo, però – aggiunge - , muoverci nella direzione di una riduzione concreta del carico fiscale, a vantaggio, innanzitutto dei salari e dei bassi redditi».

Un intervento che però dovrà attendere. «La misura precisa dello sforzo finanziario necessario per realizzare queste politiche –spiega - sarà chiara nei prossimi mesi, quando, dopo la trimestrale di cassa, avremo dati certi a nostra disposizione. A quel punto potremo definire meglio tutti i dettagli degli interventi che intendiamo portare avanti».

Ma precisa, «non un euro senza un impegno forte delle forze sociali per più produttività, maggiori salari e maggiori investimenti». Ovviamente, inoltre, tutte le operazioni fiscali «devono essere compatibili con la riduzione e con l'abbattimento del debito pubblico. Il principio lo abbiamo inaugurato con la Finanziaria appena approvata e ora bisogna andare avanti: non dovremo chiedere un euro in più ai nostri lavoratori, alle famiglie e alle imprese per il risanamento dei nostri conti».

«Tutto ciò che sarà recuperato dall'evasione fiscale o da altre forme di extra-gettito dovrà essere indirizzato alla riduzione del carico fiscale dei lavoratori e delle famigli. Questa è stata la decisione del Parlamento assunta in sede di esame e approvazione della Legge Finanziaria».

In questa ottica, quindi, «tutte le risorse aggiuntive le dedicheremo allo sviluppo». Ma anche il contenimento strutturale delle spese improduttive «sarà la fonte principale da cui trarre le risorse, perchè il nostro Paese possa godere nel tempo di finanze sane e concentrate sulle sue grandi priorità della crescita e dell'equilibrio sociale, riducendo in parallelo quell'enorme trasferimento dai redditi alla rendita che è oggi ancora costituito dagli oltre 70 miliardi di euro di interessi che ogni anno lo Stato paga sul suo debito».

«Il risanamento che siamo stati capaci di realizzare finora – ricorda ancora - è figlio non solo dell'andamento del gettito fiscale, ma anche di un'azione più costante, più capillare, più credibile nel contenimento delle spese».

Ed ora, «proseguire il riequilibrio finanziario – sottolinea - è un obbligo non solo economico, ma anche morale nei confronti delle generazioni future dalle cui spalle dobbiamo togliere il peso enorme dei debiti accumulati in passato».

«Quanto realizzato – ricorda poi - costituisce infatti la premessa per rafforzare le politiche a favore dello sviluppo e dell'equità che abbiamo cominciato a perseguire - seppure ancora in modo parziale e forse troppo frammentato - fin dalla scorsa Legge Finanziaria».

«Sono misure - precisa però - che non risolvono magicamente tutti i problemi di equità nella nostra società ma sono un segnale, l'inizio di un'inversione di tendenza. E in questa direzione dobbiamo procedere. Così come bene e seriamente ci siamo mossi nei confronti della precarietà del lavoro, riducendo la convenienza ad usare lavoro a tempo determinato, con la stabilizzazione dei precari nella Pubblica amministrazione e con la lotta per l'emersione del lavoro nero. Sono risultati di cui questa maggioranza e questo governo possono essere orgogliosi. Cerchiamo magari di manifestarlo di più».

«Il contesto internazionale all'interno del quale ci muoviamo – non dimentica il premier - non è semplice. Prezzi del petrolio e di importanti materie prime sono fortemente aumentati. E’ un quadro severo, in cui due problemi emergono in modo chiaro: la bassa produttività complessiva del nostro sistema e una cattiva distribuzione del reddito. Sono due problemi che si intrecciano e che vanno affrontati insieme. Dobbiamo fare più affidamento sulla domanda interna, sostenere il potere d'acquisto dei lavoratori e delle famiglie in un quadro di economia competitiva. E continuare, potenziando maggiormente la ricerca, la formazione, la dotazione infrastrutturale e con un grande sforzo per il Mezzogiorno».

«Non abbiamo di fronte solo il tema di come redistribuire alcune risorse ma piuttosto dobbiamo mettere a punto una nuova fase di politica economica. Una politica per la crescita elaborata e portata avanti con determinazione e coerenza anzitutto da noi, dalla maggioranza, ma alla cui definizione e realizzazione dobbiamo coinvolgere tutte le forze sociali. Ecco perché – continua - , dopo questo nostro incontro, il Governo aprirà una nuova fase di concertazione con l'obiettivo di giungere ad un grande patto per lo sviluppo».

«Lo dobbiamo fare ora – aggiunge prodi - e lo dobbiamo fare noi. Per non sprecare un'enorme opportunità che abbiamo a portata di mano. A voi chiedo – conclude infine - un impegno fatto di idee, proposte e partecipazione. E se c'è condivisione di questi obiettivi vi invito a procedere uniti perché, grazie al lavoro finora svolto, abbiamo davvero la possibilità di sviluppare a pieno le energie dell'Italia».


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